giovedì 4 settembre 2008

Miyazaki e Ponyo a Venezia, resoconto e recensione

Vi riporto un bellissimo articolo scritto da Tacchan.
"Si è tenuta domenica in occasione del Venezia Film Festival la proiezione del nuovo film di Hayao Miyazaki e Studio Ghibli: Ponyo. Di seguito, le mie personali considerazioni sul film e un breve resoconto della nostra giornata. Ponyo offre finalmente qualcosa di diverso, si stacca dai precedenti film di Miyazaki e il suo inizio lo candida come uno dei migliori dall’autore. Sfortunatamente non è privo di difetti e la seconda parte ne limita le potenzialità; rimane comunque un film visivamente originale e meritevole, grazie soprattutto ad un paio di personaggi davvero ben caratterizzati. Ponyo, un piccolo pesce rosso dal viso umano, spinta dalla curiosità, scappa dal padre. Dopo essersi imbattuta nel mondo degli uomini si caccia in un guaio che potrebbe costarle la vita se non fosse salvata da un bambino, Sasuke, che decide di tenerla e curarla. La mette in un secchiello e la porta a scuola, in tal modo inizia ad instaurarsi un curioso rapporto fra i due, che sembrano da subito essere molto affiatati. Il padre di Ponyo la rintraccia e riesce a riportarla in mare, gettando nello sconforto il piccolo Sasuke. La piccola riesce di nuovo a fuggire portando questa volta con sé le sorelle e, liberando le forza dell’oceano, riesce a ritrovare la casa del bambino e a diventare umana. Ma le forze liberate creano sconvolgimenti che mettono in pericolo non solo il piccolo Sasuke e le persone a lui care, ma forse gli equilibri stessi del pianeta…

La trama è semplice, lineare e prevedibile, in ciò Ponyo ricorda Totoro, altra opera del regista giapponese. Studio Ghibli ha apertamente annunciato di voler creare un’opera principalmente rivolta ai bambini e alle famiglie, pertanto decide di non puntare sulla storia raccontata, che visto il target doveva rimanere semplice, ma sulle emozioni trasmesse agli spettatori. Ponyo cattura gli astanti grazie all’onnipresente sensazione del fantastico che riesce ad evocare nella prima parte: per i primi minuti si rimarrà incollati a contemplare le meraviglie che accadono nel mare e a conoscere quello strano essere che è Ponyo, le sue curiose reazioni al mondo umano e ai primi approcci con gli abitanti della terraferma. Per la prima mezzora il film è davvero una meraviglia, realizzato con delle scelte stilistiche davvero curiose. Belli i fondali a pastello, che staccano dai personaggi grazie all’effetto matita colorata, così vicino ai disegni che io stesso facevo, con ben altro esito, da bambino. Splendido il mare, che trascende le leggi della fisica, vivo e senza regole, con onde che si animano, diventano vive, per poi tornare al mare. Un mare terribile, che si stacca come stile dal resto, che passa dall’azzurro al blu scuro, trasmettendo a tratti pace e armonia, a tratti incutendo paura, impotenza e timore. Interessante anche il modo in cui sono realizzate navi e autoveicoli, che non cercano il realismo, ma si dimostrano di forme e definizione approssimativa, come se fossero quasi giocattoli. Le loro animazioni improbabili e esagerate offrono sequenze divertenti e dinamiche, che non sono nuove nelle opere miyazakiane, ma mai prima di oggi realizzate in tale modo.

A questo inizio davvero sorprendente si contrappone una seconda parte più lenta, in cui la sensazione del fantastico si allenta, Ponyo diventa umana e la storia rientra su binari più comuni. Esce di scena Lisa, un personaggio davvero ben riuscito, mentre Ponyo perde spazio a vantaggio di Sasuke, che diventa il perno degli eventi. Ma sfortunatamente il bambino si dimostra un po’ il punto debole dell’intera opera, il ritmo cala e la storia diventa più comune. Sasuke dovrà affrontare una crescita interiore e arrivare ad assumersi delle responsabilità, ma il percorso che dovrà affrontare sembra comunque in discesa e viene a mio parere a mancare un po’ di mordente. Anche le meraviglie che avevano tenuto desta l’attenzione dello spettatore nella prima parte appaiono meno sorprendenti, il paesaggio e le situazioni sono private della loro imprevedibilità e la magia, pur presente, non riesce a rinnovare i prodigi che a inizio film tanto mi avevano sorpreso. Il finale, piacevole ma forse un po’ troppo consono, viene suggellato da una splendida canzone che, tuttavia, ho faticato ad ascoltare a causa degli scroscianti applausi. Oltre l’aspetto tecnico meritano un’ulteriore analisi un paio di personaggi, riusciti davvero bene. Il primo è Ponyo che dalla sua fuga si dimostra spontanea, ingenua, curiosa, testarda e piena di vita. Tali caratteristiche la rendono adorabile e divertente, è facile affezionarsi a lei, tanto che quando assume un ruolo minore il film inizia a risentirne.

Ancor più sorprendente, vista anche la parte apparentemente meno importante, è il personaggio di Lisa. Mai chiamata madre dal figlio, si dimostra un vero e proprio vulcano, giovane e attiva, capace di capire il figlio e matura nell’affrontare le proprie responsabilità, ma quasi infantile e sempre impulsiva nelle questioni più leggere.Fujimoto, il padre di Ponyo, si presenta come un personaggio dal design insolito e pertanto incuriosisce, anche per alcuni comportamenti poco consoni, ma non gli viene offerto l’adeguato spazio e non è soggetto di alcuna introspezione, né il suo passato viene spiegato. Il film infine si propone come abbastanza spensierato, si nota solo una critica all’inquinamento dei mari, che tuttavia rimane abbastanza fine a se stessa: ben evidente in una delle sequenze iniziali, dà il via all’incontro tra Ponyo e Sasuke, ma poi scompare e, verso la fine film, le acque appaiono limpide come non mai.

Nel complesso ritengo Ponyo una buona prova di Miyazaki. Studio Ghibli ha cercato di staccare con le più recenti opere, tornando a creare un prodotto con un target più giovane come Totoro o Kiki’s Delivery Service, scelta questa che si ripercuote anche nello stile, meno spettacolare e moderno, ma più ispirato e caratteristico, di quello visto ne Il castello errante di Howl.
Un buon prodotto le cui potenzialità sono state solo in parte sfruttate: sarebbe bastato qualche piccolo accorgimento e forse una ventina di minuti di durata in meno per renderlo una delle migliori opere di Miyazaki..."

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